Giuseppe Giacopelli
(Parma, 1838 – 1903)

Processione del Viatico lungo il fianco destro del Duomo di Parma
(1868 circa, olio su tela)

La tela, con ragione attribuita a Giuseppe Giacopelli, documenta un angolo della città molto apprezzato dai vedutisti parmensi del XIX secolo e rimasto ancora oggi immutato. Lo si può vedere percorrendo l’attuale Via Cardinal Ferrari da Piazza Duomo verso la Chiesa di S. Giovanni Evangelista, ma anche ammirando la bellissima fotografia che Carlo Gardini scattò in occasione della mostra Parma, immagini della città dal Ducato all’Unità d’Italia, allestita a Palazzo Bossi Bocchi nel 2011.

Piazza Duomo, oggi come allora, con il suo complesso di edifici costituisce una delle più alte e significative espressioni della storia religiosa, culturale e artistica della città. Per questo i vedutisti riconobbero nelle strade circostanti e negli interni della Cattedrale scorci pittoreschi. Prima che la fotografia riuscisse ad immortalare riti e avvenimenti, erano i pittori a fissare sulla tela, riti e gesti di ordinaria quotidianità e momenti significativi di cerimonie religiose e civili.
Proviamo ad immaginare il pittore che si posiziona nella via del Seminario e inquadra il fianco del Duomo sulla sinistra, il palazzo del Seminario maggiore sulla destra e la chiesa di San Giovanni Evangelista sul fondo. È sicuramente uno dei più suggestivi angoli di Parma!
Giuseppe Giacopelli, scenografo e professore di prospettiva come il padre Giacomo (1808-1893), si formò presso l’Accademia di Belle Arti di Parma sotto la guida di Girolamo Magnani, scenografo teatrale apprezzato nei maggiori teatri dell’epoca e direttore delle cattedre di Ornato, Prospettiva e Scenografia. Divenuto suo assistente collaborò con lui nella preparazione di numerose scenografie, arrivando a sostituirlo nelle cattedre accademiche e nella direzione del Teatro Regio di Parma, carica che lo impegnò dal 1887 al 1902.

L’opera qui presentata, caratterizzata da minuzia descrittiva, dall’eleganza delle piccole figure che animano la scena e da netti contrasti tra primi piani in ombra e il fondo illuminato, riassume in sé caratteristiche della pittura del padre Giacomo e di quella di Magnani, che diverranno distintive del suo stile maturo.
Ad animare l’imponente cornice monumentale il pittore ritrae una processione religiosa che, provenendo dalla chiesa di San Giovanni Evangelista, costeggia il fianco destro del Duomo e la facciata principale del Seminario Maggiore: il sacerdote avanza seguito da una piccola folla di parenti e amici delle persone alle quali è destinato il viatico, l’Eucaristia amministrata a casa o al letto d’ospedale ai fedeli infermi, in pericolo di vita, come alimento spirituale per affrontare l’estremo viaggio.

Il momento è solenne; era usanza, infatti, in passato, riservare grande importanza alla visita dei malati gravi da parte del parroco, che portava loro, oltre al viatico anche l’olio per l’estrema unzione. Le campane, al suono dell’agonia, accompagnavano il corteo e avvertivano i padri di famiglia e i loro figli primogeniti della imminente cerimonia. Il parroco portava il viatico con una piccola processione, che si muoveva dalla chiesa alla dimora del malato, pronunciando preghiere per invocare la grazia della guarigione. Lungo il percorso si innalzavano al cielo canti noti al popolo come il Miserere, il De Profundis, il Laudate Dominum, il cantico del Benedictus, gli inni Te Deum, Pange Lingua e Verbum supernum prodiens. Al rito partecipavano i fedeli con le loro famiglie, a piedi e a capo scoperto, portando ceri e lumi processionali, preceduti dal chierichetto che scampanellava ad avvertire il passaggio dell’Eucarestia e del sacerdote avvolto nelle vesti sacre – piviale e continenza – e protetto dall’ombrellino processionale. Secondo il Riva (Manuale di Filotea, 1860) chiunque accompagnava con il cero il SS. Viatico acquistava 7 anni di indulgenza mentre chi fosse senza cero ne avrebbe ottenuto 5.
I passanti che si incontravano lungo il percorso erano tenuti ad interrompere le loro attività e ad inginocchiarsi in segno di adorazione.

Sullo sfondo svetta il campanile della chiesa di San Giovanni Evangelista che funge da punto di fuga prospettica del dipinto. Il complesso monastico venne costruito nel 980 dal vescovo Sigefredo II su un precedente oratorio intitolato a San Colombano, e affidato ai monaci benedettini. Nel 1447 un incendio danneggiò la struttura che venne quindi ricostruita integralmente a partire dal 1490 circa. Il monastero divenne fin da subito una delle più importanti sedi di elaborazione del pensiero umanista parmense. La costruzione dell’abbazia fu diretta inizialmente da Giliolo da Reggio e, successivamente, da Bernardino Zaccagni.
L’attuale facciata fu progettata successivamente da Simone Moschino, architetto della corte farnesiana, ed eseguita tra il 1604 e il 1607 da Giovan Battista Carra da Bissone, a cui si devono anche le statue dei vari Santi e Abati dell’Ordine che la ornano. Di poco successivo è il campanile costruito nel 1618. Attribuito ad un altro architetto farnesiano, Giovanni Battista Magnani; è il più alto della città, misura quasi 76 metri. I lati della base sono lunghi quasi 10 metri e i muri hanno uno spessore di circa due metri.

Sulla sinistra, illuminato dal sole, è riconoscibile il prospetto laterale destro della Cattedrale, frutto di molteplici revisioni e modifiche attuate nel corso dei secoli. La consacrazione del Duomo a Santa Maria Assunta fu celebrata nel 1106. Grandi artisti hanno lavorato nel corso dei secoli per la costruzione e ornamento della Cattedrale. Il cantiere dell’attuale Duomo cominciò sotto il vescovo Cadalo, dopo che un incendio, nel 1058, aveva distrutto la chiesa precedente. Come attestato nel Chronicon Parmense, la Cattedrale subì danni durante il terremoto del 1117 (magna pars Ecclesiae Sanctae Mariae dirupta est), ma i lavori proseguirono. La chiesa venne terminata intorno al 1178, quando Benedetto Antelami, a conclusione delle tre navate dell’interno, elaborò il pulpito di cui oggi rimane solo la raffigurazione della Deposizione di Cristo. L’opera di Benedetto Antelami (1150-1230 ca) nel nostro Duomo ha lasciato un contributo fondamentale allo sviluppo della scultura romanica italiana.
La facciata laterale è ornata da un cornicione decorato con arcatelle cieche in cotto, mentre le pareti sono scandite da lunghe lesene che incorniciano le finestre ad ogiva delle cinque cappelle gotiche presenti all’interno. Visibile anche la porta a mezzodì che conduce all’antica cappella di Sant’Agata, di origine antichissima e preesistente al Duomo: si narra che il primo Abate del vicino monastero benedettino, vi si recasse ad alta notte a pregare e che il vescovo Guibodo avesse eretto poco lontano la Canonica collegata ad essa tramite un portico. La cappella fu poi incorporata nel disegno rinascimentale della cattedrale. Al piano superiore si aprono le finestre dell’Archivio Capitolare. Risale al 1180 la costruzione del transetto poliabsidato con tre absidi orientali e due al termine dei bracci. Nel nostro dipinto è visibile l’abside del transetto meridionale. Le tre absidi orientali o almeno il loro ricco ornato, sono il recupero dalla fabbrica basilicale del 1106, che terminava senza alcuna espansione di transetto oltre fiancata mentre le altre due absidi di fronte-transetto, come si evince dall’immagine, erano al confronto quasi del tutto disadorne.

Al centro dell’incrocio dei bracci del transetto si erge la cupola. Il contratto per la decorazione interna tra Correggio (1489-1534) e i Fabbricieri del Duomo di Parma venne stipulato il 3 novembre 1522. Per contratto il lavoro avrebbe dovuto coprire 150 pertiche quadrate, più di 1.600 metri quadri, a un’altezza di 113 piedi. Il tema generale, l’Assunzione della Vergine, avrebbe glorificato la patrona della cattedrale. I committenti si impegnavano a versare un compenso totale di 1.000 ducati d’oro, di cui 100 spesi per acquistare la foglia oro, e a farsi carico dei ponteggi, della calce e dell’intonacatura delle superfici. Il 4 settembre 1524 Marcantonio Zucchi fu incaricato di costruire esternamente un tiburio a protezione della cupola ed evitare così possibili danni da infiltrazione.

Sulla destra si nota l’imponente facciata del Seminario Maggiore, eretto su progetto di Alessandro Ferrari d’Agrate nel XVI secolo sulle strutture dell’antica sede del Capitolo della Cattedrale di Parma, costruito per volere del vescovo Guibodo nell’877. L’edificio capitolare fu completamente ricostruito e arricchito con la realizzazione di un loggiato su due livelli, che avrebbe costituito la facciata del nuovo palazzo atto ad accogliere il ginnasio generale, scuola pubblica istituita dalla Comunità di Parma. Al ginnasio, intorno al 1566, subentrò il Seminario Diocesano, istituito dal Vescovo di Parma cardinal Alessandro Sforza.
Il portico e il loggiato furono chiusi, quando il palazzo fu profondamente modificato e ampliato, a partire dalla fine del XIX secolo.

Scheda realizzata in collaborazione con Artificio Società Cooperativa