Bruno Bricoli
(Parma 1926-1996)

Piazzale Inzani
XX secolo, ultimo quarto, olio su tela

Con il dipinto di oggi ci spostiamo in Piazzale Inzani, nel cuore dell’Oltretorrente, il quartiere situato di là dall’acqua, cioè al di là del torrente Parma. Il piazzale deve il suo nome alla strada principale, Strada Giovanni Inzani, che da Strada D’Azeglio, di fronte l’Ospedale Vecchio, si addentra all’interno del quartiere; le altre strade intorno alla piccola piazza sono Borgo Fiore e Via Domenico Galaverna.
L’opera in oggetto è databile all’ultimo quarto del XX secolo ed è firmata in basso a sinistra “Colibri”, nome d’arte di Bruno Bricoli.

Bruno Bricoli nacque a Parma l’11 gennaio del 1926, ma trascorse gli anni dell’infanzia a Urzano, frazione di Neviano degli Arduini, che sarà per sempre il suo luogo del cuore, presente nella maggior parte dei suoi dipinti e dove oggi esiste la Casa Museo Bruno Bricoli.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, non ancora maggiorenne, fu partigiano nella Brigata Pablo. Poco dopo la fine della guerra, conseguì a Parma il diploma di Geometra. Nel 1958 si laureò in Economia e Commercio presso l’Università di Parma e a partire dal 1964 divenne Professore di Economia nello stesso ateneo. Nell’arco della sua lunga e prestigiosa carriera accademica pubblicò numerosi lavori su politica economica, microeconomia, moneta e commercio internazionale.
Appassionato e profondo conoscitore della cultura francese, fondò l’Associazione Culturale Italo-Francese per dare nuovo slancio a quel particolare legame che da sempre esiste tra Parma e la Francia. Fino al 1996, anno della sua morte, organizzò conferenze, mostre e cicli di film in lingua francese.
Bruno Bricoli iniziò a dipingere nei primi anni Settanta da autodidatta all’età di 45 anni, ma un primo approccio all’arte avvenne già agli inizi degli anni Cinquanta, quando realizzava dei pupazzetti caricaturali in fil di ferro, rivestiti di stoffa e con la testa di terracotta. Questi lavori eseguiti artigianalmente gli valsero il Primo Premio Opera Originale nel 1954 e nel 1955 nella mostra interregionale sulla caricatura a Pavia.
Iniziata l’attività di pittore adottò il nome d’arte “Colibri”, anagramma del suo cognome.
A partire dal 1971 partecipò a diverse esposizioni in Italia, Francia e Austria e ottenne successo come pittore naif, vincendo molti premi.
Nel dipinto, Piazzale Inzani appare coperto da una coltre di neve e dominato da un silenzio incontrastato. La gamma cromatica è caratterizzata da colori freddi, ad eccezione del rosso sull’insegna della piccola bottega al centro della composizione.

I colori sono stati stesi sulla tela privi di sfumature, non ci sono ombre e il senso di profondità è dato dalle linee oblique del piazzale e dei caseggiati. Questi ultimi, dai tetti innevati, sono edifici alti, stretti e attaccati tra loro; caratterizzano tutt’oggi i borghi del quartiere e hanno come matrice comune il ‘borgo gotico’ medievale, formato da piccole e semplici case di artigiani con la bottega a livello della strada collegata all’abitazione, il cortile e la rimessa.
A sinistra si riconosce l’imbocco per Via Galaverna, mentre in fondo è Borgo Fiore.

Al centro del piazzale i pochi alberi appaiono spogli, esili e con i sottili rami che non tendono al cielo ma che, al contrario, sembrano quasi toccare terra. Cifra stilistica di Colibri, presenti in quasi tutti i suoi dipinti, gli alberi sono un modo per tornare all’infanzia vissuta ad Urzano. In Cose di quassù, Bricoli scrisse di aver iniziato da bambino a disegnare gli alberi “neri, senza foglie”, presenze fiabesche che nascevano dalla fantasia del bambino e che sono poi ritornati nella sua vita da adulto. Per Marzio Dall’Acqua gli alberi sono anche metafora dell’esistenza della maturità dell’artista, «del proprio essere, del proprio isolamento, della propria solitudine».

L’altro elemento caratteristico dei dipinti di Colibri è il colore del cielo: un cielo di un azzurro intenso, privo però di sfumature, un cielo senza nuvole e senza sole. Ancora Marzio Dall’Acqua ci dice che i cieli del pittore sono «teleri posti a chiudere la scena, grandi quinte che assorbono ed annullano ogni prospettiva, ogni andare».
Lo stesso Bricoli, in uno dei suoi taccuini aveva scritto a proposito «Nel mio blu non c’è segreto alcuno: impasto blu di Prussia e bianco di titanio in proporzioni varianti al variare del mio umore, la cui mescola non la conosce nessuno.»
Dunque i cieli di Colibri sono immobili e senza tempo, quasi metafisici; fanno da sfondo a ciò che il pittore dipinge in primo piano, senza lasciare presagire o immaginare altri elementi oltre a quelli presenti nel quadro, quasi un modo per far sì che lo spettatore si concenti solo su ciò che vede, senza andare alla ricerca di altri significati.
Eppure questo cielo blu così piatto, così irreale, così freddo contiene un piccolo elemento che lo riporta in un’altra dimensione, una dimensione reale: una piccola nuvola, , fa capolino nell’angolo in alto a sinistra del dipinto; questo segno, quasi una firma, compare anche in altri dipinti collocata in alto a destra. Elemento simbolico, la nuvola è legata anche al ricordo della sua cavalla bianca, che si chiamava proprio Nuvola, alla quale dovette rinunciare per motivi di salute.

Racconto, scrivo e dipingo per compensarmi dei giochi che non ho fatto,
né potevo fare, per aiutare altri, che non giocano più, a fantasticare

in questo aforisma Bricoli ha racchiuso l’essenza della sua attività di pittore e scrittore, attività alle quali si dedicava nel tempo libero dalla sua carriera di professore universitario. Nei suoi dipinti ha spesso descritto i personaggi e i luoghi della sua Urzano, quasi a voler ritornare al mondo della sua infanzia.

Oltre ai dipinti, di Bricoli rimangono anche diverse opere scritte: Cose di quassù, del 1977, La nuvola delle favole, del 1992, e Parmesan la violette, del 1994: racconti che hanno come protagonisti i luoghi e i personaggi dei suoi dipinti, tutti tradotti anche in francese.

Scheda realizzata in collaborazione con Artificio Società Cooperativa