Ritratto del duca Ranuccio II Farnese

Anonimo emiliano – copia da Frans Denys – olio su tela

Recente acquisizione di Fondazione Cariparma, che arricchisce così la propria “galleria” dedicata ai personaggi della corte farnesiana, il ritratto rappresenta Ranuccio II Farnese (1630-1694), figlio primogenito di Odoardo e Margherita de’ Medici, destinato giovanissimo, nel 1646, a succedere al padre come sesto duca, con la reggenza dello zio cardinale Francesco Maria Farnese e della madre fino al raggiungimento della maggiore età. La sua ducea fu lunghissima, durò quasi cinquant’anni, e la sua vita fu scandita da tre matrimoni e dalla nascita di ben sedici figli, dei quali solo sei sopravvissuti. Sotto il profilo politico-militare Ranuccio II è il duca che perde per sempre i feudi farnesiani laziali di Castro e Ronciglione, posti all’interno dello Stato Pontificio: Castro viene conquistata e rasa al suolo dalle truppe papali nel 1649 e nel 1661 il papa Alessandro VII dichiara in Concistoro la riunione di questi domini alla Camera apostolica.

Nella fase matura del suo governo, Ranuccio intensifica le relazioni internazionali, anche in vista del futuro matrimonio del figlio Odoardo. Nel 1682 acquista i feudi di Bardi e Compiano dalla nobile famiglia genovese dei Doria, a sua volta erede dei piacentini Landi, ottenendo, in seguito a questa acquisizione, il riconoscimento da parte di Leopoldo I d’Asburgo di vassallo del Sacro Romano Impero. Nel 1690 stipula un prestigioso contratto per il matrimonio del figlio Odoardo con Dorotea Sofia di Neuburg, figlia dell’elettore palatino Filippo Guglielmo e cognata dell’imperatore Leopoldo I. Il matrimonio viene celebrato nell’aprile dello stesso anno, con grande magnificenza. Schiere di pittori, poeti, scenografi, architetti, musicisti, coreografi, tipografi, illustratori, cuochi e sarti sono arruolate dalla corte. Per contribuire alle spese, la popolazione, benché impoverita, è obbligata a partecipare alle “allegrezze” offrendo un donativo agli sposi. L’entrata della giovane sposa nel ducato e la magnificenza degli spettacoli sono stati raccontati e ricostruiti nella mostra dedicata agli apparati effimeri farnesiani attraverso un filmato.

Ranuccio si è costantemente prodigato nella sistemazione delle preziose raccolte artistiche e librarie della famiglia, concentrando a Parma i beni fino ad allora conservati nei palazzi di Roma, Caprarola, Piacenza e nella basilica di S. Nilo a Grottaferrata e intervenendo con lavori strutturali nel palazzo della Pilotta per collocare degnamente il cospicuo patrimonio artistico che andava riunendo. Alla fine del Seicento infatti l’ambizioso Ranuccio poteva vantare un patrimonio artistico unico in Europa, che cerca di organizzare secondo un preciso percorso visivo, selezionando un ristretto numero di opere (esattamente 329) tra più di duemila pezzi accumulati dall’ansia collezionistica della famiglia, “col disporlo alla veduta di tutti in bella serie” come scrive il duca Francesco dell’inclito genitore.

Il repertorio artistico presente a Parma è davvero cospicuo, e il duca stesso, come già avevano fatto i suoi predecessori, promuove l’arte in un ultimo tentativo di confermare il prestigio ormai irraggiungibile per una casata sempre più emarginata dallo scenario politico internazionale.
Fra i numerosi artisti attivi a corte risulta il fiammingo Frans Denys (Anversa 1610 – Mantova 1670), ritrattista nella tradizione di Van Dyck, che nel 1662 esegue il ritratto di Ranuccio II attualmente esposto nella Pinacoteca Stuard.

Di questo dipinto si conserva una copia, anch’essa proveniente dalle collezioni farnesiane, in versione leggermente più grande, quasi a figura intera, presso la Galleria Nazionale.

La critica ritiene che l’esecuzione della copia possa essere attribuita a Jacob Denys, fratello di Frans, anch’egli pittore che sappiamo essere a Parma nel 1670-1671. Rispetto all’invenzione, il dipinto della Fondazione presenta un’ambientazione molto simile, ma con un’inquadratura più ravvicinata, che di fatto esclude il cane che compare festoso a fianco del suo padrone negli altri due dipinti. La figura del duca, raffigurato presso una colonna, spicca sullo sfondo di un ampio tendaggio che si apre sul cielo, elementi che ricorrono nei ritratti d’apparato dell’epoca.

Malgrado l’età, Ranuccio all’epoca aveva poco più che trent’anni, il corpo è appesantito dalla pinguedine; la figura leggermente ruotata di tre quarti, consente di osservare l’abbigliamento decisamente capriccioso e di tendenza. Un costume di foggia francese formato dal breve farsetto, quasi un bolero, con le maniche aperte a mostrare gli sbuffi voluminosi della camicia,

e dal cosiddetto rhingrave o “girello”: una sorta di gonna-pantalone al ginocchio, con il cavallo molto basso, arricciata e rifinita in vita da balze e da nastri, detti “gabbadas”, introdotta alla corte di Versailles da Rheingrafen von Salm, ambasciatore degli stati generali di Luigi XIV, da cui il nome dell’indumento. I “gabbadas” del girello e la cascata di nastri (particolare 3) che rifiniscono il farsetto differiscono cromaticamente dagli altri due dipinti sopra menzionati, dove sono azzurri invece che rosso acceso.

Piatto sulle spalle è appoggiato il grande colletto d’organza con bordi finemente ricamati e nappe.

Un modello evidentemente molto apprezzato dal duca, che lo indossa anche nell’altro ritratto attribuito a Jacob Denys di proprietà della Fondazione.

Il successo del ritratto di Ranuccio II eseguito da Frans Denys, di cui il nostro è una copia, è testimoniato dalle numerose repliche di cui abbiamo notizia; sappiamo che le repliche dei ritratti ufficiali erano spesso eseguite da artisti attivi e stipendiati dalla corte per iterare i prototipi destinati a decorare le molte residenze ducali o per i più svariati motivi. È significativo che l’ultima copia del quadro di Denys che conosciamo sia comparsa tre anni fa sul mercato antiquario di Vienna.

Scheda realizzata in collaborazione con Artificio Società Cooperativa