Giacomo Giacopelli
(Parma, 1808- 1893)
Piazza di Corte a Parma
1829 circa, acquerello su carta

Giuseppe Alinovi
(Parma, 1811 – 1848)
Piazza di Corte
1830 post – 1833 ante

La Piazza di Corte rappresenta uno dei luoghi maggiormente carichi di significati ideologici della città, e forse proprio per questo più sofferto sotto il profilo della sua risoluzione urbanistico-architettonica. È significativo l’appellativo di Piazza dei Guasti che identificava lo spazio antistante il Palazzo Ducale rimasto irrisolto dopo le massicce demolizioni del 1766 dovute al grandioso progetto che Petitot aveva steso su volontà di Du Tillot, mai realizzato; la residenza ducale di città veniva di conseguenza provvisoriamente fornita, con un intervento esclusivamente esteriore, di una facciata il cui aspetto riprendeva il paramento murario della Pilotta. Tale rimarrà fino agli anni 30 del XIX secolo. L’assetto dell’intera area della Piazza di Corte diventa infatti oggetto, nel corso di un quindicennio, degli interventi voluti dalla duchessa Maria Luigia e mirati a qualificarne l’aspetto, renderlo più omogeneo e soprattutto rappresentativo.
Certo la valenza ideologica, in funzione della propaganda ducale, contribuisce a rendere la piazza uno dei soggetti più frequentati dai pittori parmensi attivi presso la corte luigina, che con le loro opere ci permettono di ricostruire con notevole precisione il susseguirsi degli interventi che ne trasformano l’aspetto durante un limitato giro d’anni.
L’ideale sequenza potrebbe iniziare con l’acquerello eseguito nel 1818 dalla stessa Maria Luigia poco dopo il suo arrivo a Parma. Conservata in un album presso il Museo Glauco Lombardi, l’opera annota minuziosamente l’aspetto della piazza prima delle grandi trasformazioni.

Il dipinto di Giacomo Giacopelli realizzato una decina di anni dopo ci mostra i primi interventi significativi voluti dalla duchessa: lo scorcio è chiuso a sinistra dal Palazzo di Riserva,

un ampio complesso seicentesco che ospitava un teatro e la foresteria per gli ospiti del duca, in parte trasformato nel 1764 dal Petitot, e a destra, a chiudere la scena sul lato opposto, la facciata del Palazzo Ducale.

La veduta è stata dipinta nel momento immediatamente successivo alla realizzazione, tra 1821 e 1829 su progetto di Nicola Bettoli, del Teatro Nuovo (poi Regio) la cui mole è ben visibile sullo sfondo a destra, edificato sull’area dove sorgeva il monastero benedettino femminile di S. Alessandro.

Nella parte centrale del dipinto è ben visibile il Palazzo del Corpo di Guardia, con l’aspetto ancora precedente l’intervento di Bettoli, corredato, a sinistra, da un cavalcavia che riprendeva nell’aspetto i “corridori” farnesiani soprastante Strada S. Barnaba, l’attuale Via Garibaldi.

L’opera di Giacopelli, forse eseguita su committenza ducale, risulta accuratamente eseguita nella definizione dei particolari, caratterizzata dall’inquadratura ampia e dalla descrizione minuziosa delle architetture, rivela qualche ingenuità prospettica dovuta probabilmente all’inesperienza del giovane pittore, poco più che ventenne, che esegue l’opera quando non ha ancora maturato la padronanza di quei mezzi tecnici che lo porteranno in seguito, dal 1857, a ricoprire la cattedra di Prospettiva all’Accademia di Belle Arti. La maestosa chiesa di Santa Maria della Steccata, di cui individuiamo l’inconfondibile sagoma sul fondo a sinistra, risulta praticamente dirimpetto al teatro, le figurette che animano la piazza appaiono abbozzate, non correttamente proporzionate e faticano a inserirsi armonicamente nella scena, che si apre eccessivamente verso l’osservatore.

Poco dopo un altro giovane artista, Giuseppe Alinovi, che all’epoca non doveva avere più di venti anni, si cimenta nella raffigurazione della Piazza di Corte. Se ci affidiamo ad un’osservazione superficiale e prescindendo dalla cifra stilistica, i dipinti di Giacopelli e di Alinovi appaiono iconograficamente molto prossimi; tuttavia l’acquerello di Giuseppe Alinovi illustra i successivi interventi nell’area della Piazza di Corte su progetto di Nicola Bettoli. Il Palazzo Ducale mantiene lo scabro paramento murario, elemento che consente di circoscrivere l’esecuzione del dipinto al periodo immediatamente precedente, tra il 1830 e il 1833; infatti proprio davanti agli occhi dell’osservatore, ben evidente al centro del dipinto, Alinovi rappresenta il Palazzo del Corpo di Guardia ormai completamente ristrutturato. Risultano infatti evidenti le archeggiature bugnate del pianoterra, il colonnato centrale e le finestre che scandiscono ritmicamente il primo piano,

proseguendo al di sopra dei cinque fornici del cavalcavia su Strada San Barnaba che collegava il Palazzo della Guardia a quello di Riserva: il sistema dei cosiddetti ‘draghetti’, già esistenti, consentiva discreti collegamenti in quota tra le diverse pertinenze ducali, chiudendo di fatto la zona riservata alla corte in una sorta di città nella città.

L’intervento di riqualificazione voluto dalla duchessa e testimoniato da Alinovi comprende anche il sistema di illuminazione della piazza con fanali destinati a rompere le insidiose tenebre notturne, descritti con attenzione lenticolare.

L’ampia veduta è caratterizzata da un’atmosfera limpida e rarefatta, dal disegno minuto, la tenue cromia è resa grazie all’uso estremamente liquido della pittura stesa con pennellate leggere, elementi che caratterizzano la produzione di Giuseppe Alinovi e ben rispondono al raffinato gusto di ispirazione mitteleuropea favorito dalle scelte culturali della stessa duchessa. La parte figurata della scena mostra la Guardia schierata all’arrivo della carrozza ducale trainata da tre pariglie di cavalli, preceduta da un cacciatore a cavallo, e da sporadiche figure di passanti.

L’aspetto armonico e ordinato della piazza che ritroviamo in tanti dipinti ottocenteschi e in molti scatti fotografici viene progressivamente e inesorabilmente smantellato all’inizio del secolo scorso, con importanti modifiche sull’intera area. All’inizio del Novecento vengono abbattuti i cavalcavia che collegavano i due palazzi Ducale e di Riserva, allargato il vicolo del Teatro (oggi via Pisacane) e costruita, tra 1906 e 1908, la grande sede delle Poste e Telegrafi sull’area un tempo occupata dal Teatro Ducale di Stefano Lolli caduto in disuso.

Scheda realizzata in collaborazione con Artificio Società Cooperativa