Giulio Carmignani
(Parma, 1813-1890)

Rotta del Po
olio su tela, 1867

Il dipinto è opera di Giulio Carmignani, come si può osservare dalla firma posta in basso a sinistra accompagnata dalla data di esecuzione, 1867.

Giulio Carmignani, nacque a Parma il 14 settembre 1813, in una famiglia con una lunga tradizione tipografia; è considerato tra i più importanti artisti dell’Ottocento parmense, nonostante non abbia mai frequentato l’Accademia di Belle Arti. Rimasto orfano, fu convittore presso il Collegio Lalatta; appassionato studioso delle materie umanistiche, dimostrò di avere un talento naturale anche per il disegno e la pittura, frequentando i corsi facoltativi di queste materie.
Al termine degli studi, decise di prendere le redini della tipografia di famiglia, una delle più importanti della città, e per ventitré anni lavorò come tipografo, dedicandosi alla pittura solo “…nelle ore di riposo…”. Il genere pittorico da lui prediletto era quello del paesaggio e il suo modello di riferimento fu il pittore Giuseppe Boccaccio. Partecipò con alcuni suoi dipinti alle esposizioni organizzate dalla Società di Incoraggiamento, ottenendo i favori della critica. Nel 1850 fu nominato Membro d’onore dell’Accademia delle Belle Arti di Parma.
Fu a partire dal 1859, quando lasciò il lavoro in tipografia, che poté dedicarsi pienamente alla sua vera passione; tale data coincise anche con un rinnovamento del suo linguaggio pittorico grazie al suo primogenito, Guido, che aveva intrapreso la carriera di pittore e che nel 1858 si era recato a Parigi, dove rimase un anno, entrando in contatto tra gli altri con gli artisti della Scuola di Barbizon. Guido non mancò di aggiornare suo padre sulle novità e da questo momento, come scrive il Tassi, “comincia il periodo nuovo della sua grandezza”. A causa di un tremore alle mani, forse il morbo di Parkinson, a partire dal 1880 non poté più dipingere, si dedicò però alla letteratura e si occupò della traduzione di Orazio. Morì il 26 gennaio 1890.

Attraverso questo dipinto, l’artista ci conduce idealmente nel territorio della Bassa Parmense, proprio sul fiume Po, che costituisce il confine naturale che in quel tratto divide l’Emilia Romagna e la Lombardia.
Da millenni, le popolazioni che vivono in quella zona hanno un legame speciale con il Po, considerato quasi come il grande custode del territorio. L’agricoltura, la pesca e altre attività economiche dipendono da sempre dal Grande Fiume che nel parmense scorre per circa trenta chilometri. La storia del Po è purtroppo anche ricca di piene e di inondazioni, la prima documentata risale al 108 a. C.; in tempi più vicini a noi, alcune inondazioni furono devastanti come quelle del 1951, del 1994 e del 2000. Nel dipinto si assiste proprio ad uno di questi eventi e in primo piano si vede che il fiume ha ormai tracimato gli argini, trascinando con sé fango, detriti e rami spezzati.

Nel cielo nuvoloni grigi, carichi di pioggia, annunciano un temporale imminente.

Possiamo osservare che il dipinto è stato realizzato quasi a monocromo sulle sfumature dei bruni e dei grigi. Le acque del fiume, infatti, riflettono il colore del cielo e appaiono anch’esse grigie. Il livello del fiume è alto, probabilmente a causa delle piogge frequenti nella stagione autunnale.

Il vento forte sferza gli alti pioppi che costeggiano gli argini. La presenza dei pioppi lungo gli argini del fiume è per tradizione legata al mito di Fetonte. Figlio di Apollo, Fetonte volle guidare il Carro del Sole, ma non avendo la forza necessaria per condurre i cavalli alati del padre, perse il controllo del carro. I cavalli imbizzarriti iniziarono a correre per la volta celeste, bruciando un tratto di cielo che divenne la Via Lattea; scesero poi troppo vicino alla terra, devastando alcuni territori che divennero deserti. Per salvare la Terra, Zeus, furioso, scagliò un fulmine contro Fetonte, che cadde alle foci del fiume Eridano (antico nome del Po) e morì. Le Eliadi, sorelle di Fetonte, piansero la sua morte e furono trasformate in pioppi. Ancora oggi i pioppeti, vere e proprie distese di pioppi perfettamente allineati tra loro, caratterizzano in maniera suggestiva il paesaggio intorno al Po. Tra i loro rami nidificano diverse specie di uccelli e il loro legname viene impiegato per la produzione della carta e per la produzione di truciolati e compensati.

A sinistra, un contadino col suo carro trainato da un cavallo bianco e seguito da un cane cerca di correre e mettersi al riparo dalla furia degli elementi.

L’artista ha scelto per l’opera un taglio orizzontale, che permette una visione a perdita d’occhio del fiume e del paesaggio circostante. Si tratta di un soggetto molto particolare in cui quasi vengono a fondersi la forza della natura che sovrasta l’essere umano, la poetica del ‘sublime’, e la tradizione pittorica locale, con i contadini intenti nel loro lavoro quotidiano.
L’opera è certamente frutto di un’attenta osservazione dal vero, ma è stata realizzata in atelier: questo ha permesso all’artista di meditare sul dato reale, superandolo per renderlo poetico.
Osservando il dipinto, non possiamo fare a meno di pensare alla trasformazione che il fiume Po ha subìto negli anni a causa delle nostre azioni, in primis l’inquinamento, alla paura che ancora ci incute in occasione delle ‘piene’. Forse queste nostre riflessioni potranno contribuire a fare in modo che un nuovo atteggiamento scaturisca in coloro che osserveranno questo dipinto. Vorremmo che la nostra ‘lettura’ dell’opera dia modo di riflettere su altri aspetti, oltre quello pittorico-artistico.

Scheda realizzata in collaborazione con Artificio Società Cooperativa