Enrico Sartori
(Parma, 1831 – 1889)

Veduta della Val Baganza
1850 – 1880, olio su tela

Con il quadro di oggi restiamo idealmente nella campagna intorno a Parma, ma in un tempo ormai lontano. Siamo ancora nel tratto finale, in pianura, della Val Baganza, luogo all’epoca frequentato spesso dai pittori paesaggisti alla ricerca di soggetti per i loro dipinti.
I colori predominanti sono il verde brillante della vegetazione, l’azzurro del cielo, che si riflette nelle acque del fiume, e i bruni delle montagne in lontananza. La luce, che arriva da est, ci suggerisce che è mattino presto. L’atmosfera è cristallina e quasi abbiamo l’impressione di avvertire l’aria fresca delle prime ore di un giorno di primavera, di respirarla e sentirne la purezza. In primo piano tre pastori con i buoi al pascolo si sono fermati per una breve sosta. L’opera è stata dipinta en plein air, cioè dal vero, da Enrico Sartori, che era solito tracciare su un taccuino veloci schizzi di paesaggi, naturali o urbani, di figure come contadini o pastori, per poi creare in studio opere come il nostro dipinto, che probabilmente costituisce il bozzetto per un’opera di maggiori dimensioni. Notevole è la resa degli arbusti in piano e delle foglie che stanno sbocciando sui rami degli alberi che fanno quasi da cornice alla scena centrale inquadrando la scena che vi si svolge.

Iscritto all’età di 13 anni alla Scuola di Paesaggio presso l’Accademia della Belle Arti di Parma, Enrico Sartori fu allievo di Giuseppe Boccaccio e successivamente di Luigi Marchesi. Nel 1858 ricevette il Primo Premio per un’opera rappresentante il Pontaccio di Valera ed ebbe così l’opportunità di seguire un corso di perfezionamento a Roma. Durante la sua carriera di artista si dedicò quasi esclusivamente alla realizzazione di soggetti agresti e per questo venne definito “il pittore contadino. Si dedicò anche alla rappresentazione di soggetti militari, che maturò grazie alla sua esperienza diretta alle Guerre di Indipendenza. Nel 1870, all’Esposizione Nazionale di Parma, dove lui stesso partecipò con ben nove dipinti, ebbe modo di vedere le opere di Giovanni Fattori (La battaglia di San Martino e Episodio della battaglia di Custoza). Oltre alle esposizioni locali, partecipò a numerose mostre italiane come quelle di Torino nel 1884, di Milano nel 1881 e nel 1883 e di Firenze nel 1886. Morì nel 1889 a soli 58 anni.
Giovanni Copertini, storico dell’arte locale attivo nella seconda metà del XX secolo, definì Sartori “mite e piacevole cronista della sua terra”, di cui amava rappresentare sia i paesaggi urbani, sia quelli naturali, come nel caso di questo piccolo dipinto.

Al centro del dipinto è rappresentato il torrente Baganza, da cui prende il nome tutta la vallata. Il corso d’acqua nasce dal monte Borgognone; dallo stesso monte, ma sul versante opposto, nasce il fiume Magra, che scorre nella Lunigiana. Anche se gli studiosi non hanno la certezza, pare che il nome del torrente derivi da “vagare, vagante”: le acque del Baganza, infatti, hanno spesso modificato il loro percorso a causa di fattori geologici e meteorologici; questi cambiamenti hanno influenzato anche la storia della valle, caratterizzata dal rapporto diretto fra la natura e l’uomo, soprattutto per quanto riguarda le attività economiche legate a questo territorio, tra queste ha certamente avuto un ruolo primario l’allevamento di bestiame e di conseguenza attività come il pascolo e la transumanza. Lungo il percorso del Baganza, o della Baganza come dicono gli abitanti, troviamo importanti centri come Berceto, Calestano, Felino, Sala Baganza (dove lambisce il Parco Regionale dei Boschi di Carrega) e Gaione, dove tutt’ora sono presenti importanti aziende legate al settore alimentare. Dopo un percorso di circa 50 chilometri, il Baganza confluisce nel torrente Parma.
In primo piano vediamo tre pastori che hanno condotto i buoi al pascolo, definiti con brevi tocchi di colore.

Sulla riva del torrente si vede una figura, probabilmente un pescatore. Nelle acque del torrente si possono pescare diverse specie di pesci di acqua dolce: barbi, cavedani, trote e gamberi di fiume.

Sullo sfondo, in lontananza si stagliano i monti dell’Appennino Tosco Emiliano, che costituiscono il confine meridionale della Val Baganza; a est e ad ovest, i confini sono costituiti rispettivamente dalla Val Parma e dalla Val Taro. L’artista ha definito nitidamente il profilo dei monti in lontananza; su tutti in altezza si staglia il Monte Cusna, con ancora qualche residuo di neve sulla parete verso nord est, a sinistra le più basse sommità del Monte Cisa e del Monte Prampa e sotto si distingue la forma trapezoidale della Pietra di Bismantova. Un ringraziamento allo storico dell’arte ed escursionista Andrea Greci per la consulenza orografica!

L’atmosfera è cristallina, così come l’azzurro del cielo, su cui si vedono leggere e innocue velature.

Ci troviamo dunque di fronte ad un quadro che, come una finestra sul tempo, ci consente di osservare il territorio, molto diverso da come oggi lo vediamo, di osservare mestieri quasi del tutto scomparsi, di intuirne la fatica e i sacrifici. Un’opera che, come spesso accade con i pittori paesaggisti ottocenteschi, appare come una poesia da osservare. I colori utilizzati e la resa dei dettagli trasmettono allo spettatore sensazioni di pace e di tranquillità, che si possono forse intuire anche dal fatto che l’attività umana all’epoca andava di pari passo coi ritmi della Natura.

Scheda realizzata in collaborazione con Artificio Società Cooperativa