Aldo Raimondi
(Roma 1902 – Milano 1997)

Monumento a Verdi
1931, acquerello su carta

Protagonisti di questo acquerello sono al contempo un monumento e un luogo di Parma oggi completamente trasformati; ci troviamo infatti nei pressi della stazione ferroviaria, in una vasta area che corrisponde all’attuale Via Verdi, dove si trovava un tempo il fastoso Monumento a Giuseppe Verdi, che costituiva l’ingresso alla città per coloro che arrivavano in treno.

Autore dell’acquerello fu Aldo Raimondi, pittore e professore presso il Reale Istituto d’Arte di Parma. Romano di origine, si formò all’Accademia di San Luca ed ebbe come maestro il pittore orientalista Giuseppe Signorini. Nel 1926, a soli 24 anni, giunse a Parma per insegnare e dove ebbe modo di farsi conoscere come valido acquerellista, realizzando una serie di acquerelli dedicati agli scorci cittadini. Nel 1930 organizzò a Parma la sua prima mostra personale. Lasciò la città nel 1939 per andare ad insegnare a Brera. Dal 1938 al 1940 fu illustratore per la “Domenica del Corriere”, poi, per il resto della sua carriera, si dedicò solo alla pittura. Eseguì i ritratti di ben tre Pontefici: Pio XII, Giovanni XXIII e Paolo VI. Morì a Milano nel 1997.

In questo acquerello datato 1931 e proveniente dalla collezione dello storico dell’arte Roberto Tassi, Raimondi dimostra la sua abilità nel rendere nitide le forme dell’architettura del monumento, ma al contempo le inserisce nel paesaggio senza scadere nella monumentalità o nello “scenografismo”; l’atmosfera è sognata e l’immagine risulta suggestiva. il pittore propone una visione del soggetto.
L’artista dipinge una veduta di città ‘immediata’ tramite macchie cromatiche; inserisce poi piccoli e delicati brani di natura ed elementi, quali per esempio la carrozza, che trasportano l’immagine fuori dal tempo.
Possiamo facilmente immaginare l’artista che, munito di taccuino, in una tiepida giornata autunnale, come suggerisce il colore delle foglie dell’albero a sinistra,

osservava da una delle aiuole circostanti il superbo monumento e la vita che si svolgeva intorno, con uomini e donne a passeggio,

mentre a destra su una carrozza, proveniente forse dalla stazione ferroviaria, una signora elegante, probabilmente una viaggiatrice, si accingeva a compiere un tour in città.

Inaugurato il 22 febbraio 1920 con una solenne cerimonia presenziata dal Ministro della Pubblica Istruzione Rava e da una folla di cinquantamila cittadini, il Monumento a Verdi ha una storia che affonda le radici nel 1913, anno del Primo Centenario Verdiano. Fu proprio in quell’occasione che il Consiglio Comunale, guidato dal sindaco Mariotti, approvò all’unanimità la realizzazione di un monumento degno della grandezza di Giuseppe Verdi, affidandone la progettazione al marchese Lamberto Cusani (1877-1966), architetto e acquerellista parmigiano, coadiuvato per la realizzazione delle sculture e delle parti ornamentali da Ettore Ximenes (1855-1926), scultore siciliano che in una lettera inviata al Consiglio Comunale si era addirittura offerto di lavorare gratuitamente. L’area individuata fu il vasto piazzale antistante la ferrovia, dove un tempo si trovava il Nuovo Foro Boario.
Il progetto dell’architetto Cusani, dopo diversi studi preparatori, prevedeva la costruzione in un piazzale alberato con aiuole alla base, di una vasta esedra porticata, con al centro un arco di trionfo sormontato da un gruppo scultoreo in bronzo, mentre al centro dell’emiciclo era prevista un’ara decorata con altorilievi bronzei dedicati al Maestro bussetano.
I materiali del monumento sarebbero stati, oltre al bronzo, il marmo e il granito. Si trattava di un progetto ambizioso, che avrebbe portato alla creazione di un monumento colossale, alto quasi quanto il Palazzo della Pilotta.
I lavori iniziarono il 4 aprile 1913 e la costruzione dell’opera fu affidata alla locale impresa edile Delfino Pugolotti, che impiegò duecentosettanta operai, diretti da Cusani. Nello stesso tempo Ettore Ximenes realizzava in gesso i bozzetti in scala ridotta delle sculture.
La costruzione del monumento venne vissuta con grande partecipazione dai cittadini: uomini e donne non disdegnarono di posare come modelli per dare corpo e volto alle statue che avrebbero impreziosito l’opera. Purtroppo nel 1914 scoppiò il Primo Conflitto Mondiale e il vivace cantiere subì una battuta d’arresto durata quattro lunghi anni. Nel 1919 i lavori ripartirono, ma la guerra, oltre ad aver spezzato gli animi, aveva lasciato una profonda crisi economica, che costrinse tutti gli attori coinvolti a compiere scelte diverse per il monumento rispetto al progetto iniziale. Dopo alcune valutazioni di carattere economico, si decise di abbandonare l’utilizzo del marmo e del granito, scegliendo il cemento, che fu utilizzato anche per le decorazioni scultoree. Solo l’Ara centrale fu realizzata in granito e bronzo: i bassorilievi vennero fusi a Milano presso la fonderia Barigazzi, utilizzando il bronzo di settanta cannoni austriaci che l’allora Ministero della Guerra aveva messo a disposizione del Comune.
Il monumento ebbe una vita breve, durante i bombardamenti del 1944 venne colpito e molte delle statue andarono distrutte; nel 1946, dopo accesi dibattiti, si decise di abbatterlo definitivamente e l’area occupata dal monumento cambiò definitivamente aspetto.

Al centro dell’esedra vi era il grande Arco Trionfale, su modello di quelli dell’Antica Roma, sormontato da una scultura, realizzata in cemento, raffigurante una “Gloria su un carro trainato da quattro leoni”.  Si narra che la superba scultura non venne distrutta durante i bombardamenti del 1944, ma fu messa in salvo da un anonimo cittadino…

Dall’arco di trionfo partivano due porticati semicircolari, ciascuno composto da 18 arcate e ampia terrazza percorribile. La maestosa esedra costituiva così l’ingresso trionfale su Via Roma che, dalla stazione, sfociava nel Piazzale Reinach. Tra le arcate furono collocate 28 statue ideate da Ettore Ximenes dedicate alle 27 Opere di Giuseppe Verdi e all’Inno di Guerra. Furono artisti locali e alcuni tra i migliori allievi dell’Accademia delle Belle Arti a realizzare le statue dai bozzetti in gesso dello Ximenes, tra loro ricordiamo Ernesto Vighi, Alessandro Marzaroli, Giuseppe Macchiavello e Guglielmo Cacciani. Le statue erano poste su alti plinti in pietra ed erano ancorate ai pilasti mediante elementi realizzati dal fabbro Pietro Bucci. Dopo i bombardamenti del maggio 1944 rimasero integre solo 9 statue: Aida, Alzira, La Battaglia di Legnano, Don Carlos, Ernani, Inno di Guerra, Macbeth, I Masnadieri, Oberto conte di San Bonifacio; esse furono tutte recuperate dal dott. Tommasinelli e collocate lungo le pareti dell’ex cinema “Arena del Sole” di Roccabianca, dove sono ancora oggi. Inoltre, presso l’Accademia delle Belle arti di Parma sono ancora custoditi venti bozzetti in gesso realizzati da Ettore Ximenes.

L’Ara al centro dell’esedra, ideata da Ettore Ximenes, fu realizzata in granito di San Fedelino e bronzo. La parte dell’Ara rivolta in origine verso la stazione celebra Giuseppe Verdi come compositore: nel grande altorilievo, Verdi è rappresentato al centro seduto su uno scranno a meditare; la sua figura maestosa sembra quasi a tutto tondo e l’espressione del volto è regale. Le figure che lo circondano rappresentano la Poesia, la Melodia, la Musica, il Canto, il Ritmo della Danza, l’Amore e la Morte nell’atto di ispirare il Maestro. Sullo sfondo il coro finale del 2°Atto dell’Aida, con le trombe egizie.
Nella parte che secondo il progetto originale doveva essere rivolta alla città, tre bassorilievi celebrano Verdi come uomo politico attraverso tre importanti avvenimenti storici che lo videro protagonista. A partire dal bassorilievo a sinistra, le scene rappresentate sono le seguenti: nella prima, Giuseppe Verdi ascolta la proclamazione del risultato della votazione con cui Parma annunciava l’annessione al Regno d’Italia, tenutasi il 12 settembre 1859; nel bassorilievo centrale vediamo il Maestro a Torino, in qualità di Delegato delle Provincie Parmensi, accolto dall’entusiasmo popolare; si vedono bene sullo sfondo alcune persone che reggono i cartelli con su scritto VIVA V.E.R.D.I., l’acronimo di Viva Vittorio Emanuele Re D’Italia; nel bassorilievo a destra osserviamo Giuseppe Verdi mentre consegna a Re Vittorio Emanuele i risultati del Plebiscito di annessione al Piemonte da parte delle province emiliane, tale incontro avvenne il 15 settembre 1859.

L’epigrafe commemorativa, suggerita dal Senatore Mariotti, recita:

Sull’ara
sacra all’unità della patria
per voto unanime dei rappresentanti del popolo
proponenti Giuseppe Verdi e altri animosi
Parma
ribelli ai divieti di Villafranca e Zurigo
le secolari autonomie e la corona ducale
deponeva
il XII settembre MDCCCLIX
quel voto di genti libere
auspicio di nuove più alte fortune d’Italia
Giuseppe Verdi recava al Gran Re
il XV settembre MDCCCLIX

L’Ara è l’unico elemento rimasto integro di quel grande monumento che glorificava Giuseppe Verdi e che quasi “abbracciava” coloro che giungevano in città. Dopo il 1946, l’Ara venne spostata a ridosso dei contrafforti della Pilotta, mentre Via Roma cambiò definitivamente aspetto e divenne Via Verdi.
Concludiamo questo scheda con un racconto per immagini del monumento attraverso un album di 14 cartoline che conserviamo nelle nostre raccolte.

Scheda realizzata in collaborazione con Artificio Società Cooperativa