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In concomitanza con l’acquisizione da parte della Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Parma di circa diecimila volumi d’arte che, oltre a numerosissimi cataloghi, costituivano la parte più cospicua della biblioteca di Roberto Tassi, una mostra vuole ricordare una delle figure più significative della critica d’arte italiana esponendo alcune opere di tre fra i pittori a lui più cari e da lui più frequentati: Sutherland, Morlotti e Ruggeri.

L’esposizione, a cura di Mario Lavagetto, con la collaborazione di Stefano Roffi, viene allestita a Palazzo Bossi Bocchi, sede della Fondazione Cariparma, realtà quest’ultima che ha reso possibile il passaggio all’Università del fondo librario. L’iniziativa è anche l’occasione per ricordare l’intensa collaborazione fra Tassi e la Cassa di Risparmio di Parma prima e la Fondazione Cariparma successivamente, che portò alla pubblicazione di alcuni dei suoi principali volumi.

Le opere provengono da collezioni private, individuate in base alle affinità intellettuali intessute da Tassi stesso; libri e documenti del critico completano il percorso. In concomitanza della mostra, viene pubblicato un volume (il ventesimo)  della Collana di “Opere inedite di cultura” promossa dalla Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Parma, ideata e curata da Ivo Iori. Il volume (edizioni MUP) raccoglie i più significativi contributi critici di Tassi sui tre artisti presenti in mostra.

Roberto Tassi, nato a Napoli nel 1921 e morto a Esine nel 1996, ha vissuto a Parma, con lunghi soggiorni estivi nella campagna vicina. Laureato in medicina, ha esercitato la professione di medico otorinolaringoiatra, che ha poi progressivamente abbandonato per dedicarsi ai prevalenti interessi artistico-letterari. È stato direttore della rivista “Palatina”; redattore artistico de “L’Approdo Letterario”; redattore di “Paragone” e della rivista “Il terzo Occhio”; critico d’arte de “Il Mondo” e dal 1977 al 1996 del quotidiano “la Repubblica”. Gli storici dell’arte che hanno costituito un punto di riferimento imprescindibile per il suo lavoro critico sono stati Roberto Longhi, di cui Tassi si considerava in qualche modo allievo, l’amico Francesco Arcangeli e Giovanni Testori. Vari i suoi interessi nel campo della storia dell’arte: l’attenzione per la storia cittadina ha determinato una serie di ricerche approfondite sul romanico emiliano, sul Correggio, sul Parmigianino e su altri temi più recenti. Campo preminente dell’indagine critica di Roberto Tassi resta però l’arte europea – italiana e francese anzitutto – e poi russa e americana dell’Ottocento e del Novecento, con particolare interesse per il Romanticismo (Friedrich), per la pittura di natura dagli artisti inglesi del Settecento fino a Courbet, a Monet e al post-impressionismo, per i grandi pittori e scultori della prima metà del Novecento, da Morandi a Permeke e a Soutine, infine per i pittori dell’informale, con uno sguardo attento sempre rivolto alle manifestazioni della contemporaneità.

Tra i suoi libri ricordiamo: Il Duomo di Parma. Il tempo romanico (Cassa di Risparmio di Parma 1966); Il Duomo di Parma II. La cupola del Correggio (Cassa di Risparmio di Parma 1967); Il Duomo di Fidenza (Cassa di Risparmio di Parma 1973); Morlotti, figure 1942-1975 (Electa 1975) Tiziano. Il polittico Averoldi in San Nazaro (Grafo Edizioni 1976); Graham Sutherland. Complete Graphic Work (Rizzoli 1978); Il paesaggio di Morlotti (Mazzotta 1987); L’atelier di Monet (Garzanti 1989), La corona di primule (Guanda 1994 per Fondazione Cariparma) sulla tradizione dell’arte a Parma. Figure nel paesaggio (Guanda 1999 per Fondazione Cariparma) è il libro postumo che raccoglie, con saggi introduttivi di Mario Lavagetto e Claudio Zambianchi, gli scritti di critica d’arte pubblicati su “la Repubblica”. Nel 2006 viene pubblicato dalle Edizioni MUP, con un saggio di Marco Vallora, Come un eroe di Conrad. Il sodalizio con Francesco Arcangeli.

Graham Sutherland nasce a Londra il 24 agosto 1903; dopo un riesame critico delle avanguardie del primo Novecento prende le distanze sia da questo tipo di ricerche che dal nascente informale, affermando la propria identità artistica all’interno della cultura figurativa europea e riappropriandosi della tradizione pittorica figurativa rapportandola però con la realtà contemporanea segnata tragicamente dal secondo conflitto mondiale. Dal 1940 al 1945 esegue opere ufficiali come “artista di guerra”, mentre a seguito della conversione al Cattolicesimo produce a partire dagli anni cinquanta opere di stampo religioso. Una forte intensità emozionale lo porta a disintegrare le forme naturali per poi ricomporle in assemblaggi ibridi dalle sembianze antropomorfe o vegetali in un clima inquietante di stampo quasi surrealista, con elementi di ascendenza espressionista, come nel Bestiario, realizzato nel 1968, in cui i soggetti subiscono strani processi di metamorfosi. Tante le mostre internazionali, dalla personale alla Biennale di Venezia nel 1952, poi New York, Londra, Parigi, Zurigo, Colonia, fino a quella postuma alla Tate Gallery del 1982. Muore a Londra il 17 febbraio 1980.

Ennio Morlotti nasce a Lecco il 21 settembre 1910. Attratto da Giotto, Masaccio e Piero della Francesca, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Nel 1937 a Parigi conosce le opere di Cézanne, del Fauvismo, dell’Espressionismo, di Soutine, Rouault e Picasso. Al suo ritorno in Italia frequenta l’Accademia di Belle Arti di Brera. Nel 1939 entra a far parte del gruppo dei pittori di Corrente con Treccani, Guttuso, Birolli e Cassinari. Nel 1944 firma il Manifesto del Realismo; nel 1947, partecipa al Fronte nuovo delle arti e, dopo la scissione, aderisce al Gruppo degli Otto di Venturi. Degli anni cinquanta e sessanta sono cicli di grande intensità, dedicati a nudi e vegetazione, capitali per l’arte informale. Oltre a ripetute partecipazioni alla Biennale di Venezia, vengono dedicate a Morlotti personali a New York, Milano, Roma e Basilea. Negli anni settanta approda a un solido recupero della realtà naturale, con la serie dei Teschi e quella delle Rocce. Dal 1987 si concentra sul tema degli Studi per Bagnanti, immagini materiche definite da secchi colpi di spatola, fino alla morte, avvenuta a Milano il 15 dicembre 1992.

Piero Ruggeri nasce a Torino il 27 aprile 1930. Diplomatosi nel 1956 all’Accademia Albertina di Belle Arti, nello stesso anno viene invitato alla Biennale di Venezia. Partecipa a tre edizioni di una collettiva di grande rilievo, quale Francia-Italia, con dipinti che s’inoltrano in un Informale di carattere naturalistico. Ruggeri si impone come uno tra i pochi artisti italiani la cui forza espressiva regge il confronto con quella dei protagonisti dell’action painting americana, in un dialogo con la pittura e la sua tradizione testimoniato dai dipinti che recano, nel titolo, riferimenti a Tintoretto, Caravaggio, Rembrandt, Mattia Preti, Goya. Si affermano i colori “emblematici” di Ruggeri, per i quali viene immediatamente ricordato: rossi e neri percorsi da luminescenze subliminali, bruni e ocra, bianchi accecanti. Tra le mostre personali, quelle di Palazzo dei Diamanti a Ferrara nel 1984 e alla Villa Reale di Monza nel 1985, oltre a esposizioni in Austria, Brasile, Francia, Stati Uniti, Russia, Australia. Dal 1971 si trasferisce a Battagliotti, ai margini di un bosco, dove vive e lavora fino alla morte avvenuta il 15 maggio 2009.

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