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Uno straordinario insieme di opere a testimonianza di una grande passione: a Parma dal 15 aprile 2007 (inaugurazione sabato 14 alle ore 17.00) presso Palazzo Bossi Bocchi, sede della Fondazione Cariparma, sarà possibile conoscere da vicino la collezione d’arte di Arturo Toscanini, quella “musica segreta” fatta di dipinti, sculture, ceramiche, vetri, incisioni e disegni che il grande Direttore ha raccolto negli anni.

Dedicata a sviluppare un aspetto della personalità di Toscanini, la mostra “La musica segreta del Maestro. La collezione d’arte di Arturo Toscanini”, curata da Renato Miracco con la Fondazione Mazzotta, ideatrice del progetto, offre 54 opere, ovvero il nucleo più significativo della collezione del Maestro, che grazie alla disponibilità del nipote Walfredo Toscanini, saranno visitabili, dopo New York (nella sede della New York Philarmonic), nella città che gli diede i natali.

La mostra, promossa dalla Provincia di Parma con il sostegno della Fondazione Cariparma e la collaborazione della Regione Emilia Romagna, si inserisce all’interno del ricco programma di eventi artistici e culturali realizzati dal Comitato Celebrazioni Arturo Toscanini di Parma finalizzati a ricordare il Maestro esplorandone la vita, l’opera, la personalità complessa e affascinante.

Per la prima volta verrà inoltre esposto a Parma un album fotografico,  recentemente acquistato dalla Fondazione Cariparma, realizzato da Luigi Vaghi in occasione delle celebrazioni per la “Commemorazione del 25° Anniversario della morte di Giuseppe Verdi” avvenute a Busseto con l’allestimento del Falstaff nel 1926.

L’album è composto da 10 fotografie di cui una con l’autografo originale di Arturo Toscanini con il gessetto bianco e un’altra rappresentante Toscanini e tutti gli interpreti del Falstaff davanti alla Casa Natale di Verdi a Roncole di Busseto, autografata da tutti. Le altre foto presenti rappresentano la scenografia.

 “Toscanini rappresenta la parmigianità in senso nuovo – ha spiegato Carlo Gabbi Presidente della Fondazione Cariparma, istituzione impegnata nel sostegno alla mostra e che ha contribuito anche al restauro della casa natale di Toscanini mentre celebriamo il suo ricordo a cinquantenni dalla morte non potevamo non contribuire a far conoscere, soprattutto alle giovani generazioni uno degli aspetti più importanti della vita del Maestro come la sua passione per l’arte.”

Come accennato, la mostra presenta 54 opere (tra dipinti, sculture, ceramiche, vetri, incisioni e disegni) realizzate tra la fine dell’Ottocento e il primo Novecento italiano. La collezione è parte dell’eredità di Walfredo Toscanini, nipote del Maestro, che ha deciso di presentare queste opere in Italia in occasione del cinquantesimo anniversario.

I quadri di Vittore Grubicy De Dragon (Milano 1851-1920) invece sono di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Livorno che recentemente le ha acquistate dagli eredi Toscanini con l’intento di ricomporre il nucleo fondamentale di opere provenienti dall’eredità del grande critico e mercante di cui Toscanini e Benvenuto Benvenuti (pittore livornese divisionista discepolo di Grubicy) furono gli esecutori testamentari.

La mostra evidenzia la grande passione di Toscanini per le Arti in generale e per le Arti plastiche e figurative in particolare attraverso uno straordinario “corpus” di opere che dimostrano, anche in questo caso, la sua grande sensibilità.

La rassegna ha avuto una prestigiosa première all’Avery Fisher Hall di New York, sede della New York Philarmonic, per iniziativa del Ministero degli Affari Esteri italiano e verrà trasferita dopo la tappa di Parma a Livorno.

Il catalogo contiene saggi di Harvey Sachs (biografo di Toscanini), di Renato Miracco (curatore del progetto), di Walfredo Toscanini (che ha scritto una breve memoria sul nonno) e di Paola Pettenella e Francesca Velardita del Mart (cha hanno scritto sui ritrovamenti e sulla corrispondenza tra Toscanini e Grubicy). All’interno del volume sono riprodotti i documenti e le lettere messi a disposizione dalla Casa Ricordi e da Walfredo Toscanini, oltre alle lettere rintracciate all’interno dell’Archivio Grubicy, ora di proprietà del Mart di Rovereto.

La “passione” del Maestro

Dalla testimonianza del figlio Walter e del nipote Walfredo (come si legge anche nel catalogo della mostra) sappiamo che tutti i dipinti erano posti sui muri di casa quasi a formare una partitura musicale. «Una moltitudine di dipinti appesi dappertutto accompagna i miei primi ricordi della casa del nonno in via Durini, a Milano. A cominciare dall’ingresso e dallo studio dove il busto di Verdi di Vincenzo Gemito mi guardava dall’alto, fino al soggiorno dove i ritratti della nonna e del nonno, eseguiti da Giacomo Grosso, erano appesi di fronte al camino, e al salotto dove erano esposti dipinti più grandi, per lo più paesaggi, e un’enorme tela di Telemaco Signorini che oggi s’intitola La toilette del mattino ambientata in un salone (che poi da grande scoprii essere una casa di malaffare). Ma la concentrazione più sorprendente si trovava in un ampio corridoio che dal soggiorno portava in cucina, e lì i quadri, illuminati dalla luce naturale, erano appesi a circa un metro dal pavimento fino al soffitto, in file verticali, ricoprendo interamente le pareti».
Toscanini aveva scelto come adviser Vittore Grubicy de Dragon, critico, pittore, padre del Divisionismo italiano e mentore di moltissimi artisti della “nuova scuola”, quali Segantini, Fattori, Boldini ecc.

Per il Maestro il quadro suggeriva uno stato d’animo, un sentimento, una musica, una sinfonia. Di qui l’estremo rigore non scolastico, non didattico, ma emotivo della collezione che attraversa le correnti più all’“avanguardia” della seconda metà dell’Ottocento: dalla Scuola dei Macchiaioli, al Divisionismo, dalla Scapigliatura alla scuola di Posillipo. Tra gli artisti presenti in mostra ricordiamo: Vittore Grubicy de Dragon, Giovanni Boldini, Giovanni Fattori, Silvestro Lega, Gaetano Previati, Antonio Fontanesi, Gerolamo Induno, Vincenzo Gemito, ma anche Umberto Boccioni di cui in mostra sarà esposto un bellissimo Autoritratto del 1908.

Toscanini collezionava opere pittoriche e nutriva un amore particolare proprio per i lavori di Grubicy, che sono per lui «musica misteriosa [che] va insinuandosi a poco a poco! Musica leggera, inafferrabile, eppur così calda d’armonia! Ma ci vuole l’anima non le orecchie per sentirla» (lettera di Arturo Toscanini a Vittore Grubicy del 19 maggio 1915). Grubicy diventa per Toscanini un consigliere attento e raffinato, capace di indicargli le opere e gli artisti più interessanti presenti sul mercato, di aiutarlo a portare a termine gli acquisti, di seguire spedizioni e consegne, di scegliere le cornici delle opere.

Ogni quadro è accompagnato da una storia, o una dedica, che il visitatore può leggere in mostra o sul catalogo edito Mazzotta, per comprendere  meglio il legame tra Toscanini e l’opera o l’artista che l’ha realizzata.

Arturo Toscanini (Parma, 25 marzo 1867 – New York, 16 gennaio 1957) fu il più influente direttore d’orchestra del Novecento. Impresse una svolta decisiva all’interpretazione non soltanto musico-orchestrale ma anche lirico-teatrale nella sua totalità. Iniziò la carriera quando Verdi stava ancora componendo l’Otello e la concluse nell’èra dei concerti televisivi e della stereofonia. Diresse le prime mondiali di opere quali I pagliacci di Leoncavallo e La bohème, La fanciulla del West e Turandot di Puccini; guidò il Teatro alla Scala (1898-1903, 1906-08, 1921-29), il Metropolitan di New York (1908-15), la Filarmonica di New York (1926-36) e l’Orchestra sinfonica della NBC americana (1937-54), nonché, come ospite, la maggior parte delle altre orchestre più importanti di tutto il mondo. Il suo orecchio acutissimo e la sua memoria fotografica, il terrificante rigore e l’incontenibile energia contribuirono a elevare il livello dell’esecuzione musicale ai due lati dell’Atlantico.

Con la sua frenetica attività, condotta sempre ai massimi livelli in uno sterminato repertorio che non badava a frontiere nazionali, Toscanini non solo contribuì come pochi altri a plasmare la vita musicale del ventesimo secolo: fu anche un protagonista delle vicende del suo tempo. Il suo antifascismo, che portò nel 1931 al discusso episodio dello schiaffo bolognese, lo spinse a un lungo esilio, prima artistico e poi anche fisico, dalla sua amata patria, interrotto solo dopo la fine della Seconda guerra mondiale. L’opposizione al nazismo lo spinse ad abbandonare il Festival di Bayreuth (dove era stato il primo musicista non di scuola tedesca a dirigere) nel 1933 e quello di Salisburgo nel 1938; sostenne invece, a proprie spese, un’orchestra di profughi ebrei scappati in Palestina (oggi il complesso si chiama la Filarmonica d’Israele) e un nuovo festival a Lucerna (oggi uno dei più importanti del mondo).

Diresse per l’ultima volta nel 1954, all’età di ottantasette anni, e morì poche settimane prima del suo novantesimo compleanno.

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