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È la sensualità del seicento, secolo carnale ed intrigante, sempre in bilico tra idillio e tragedia, a costituire il motivo dominante della splendida Quadreria di Pier Luigi Pizzi, una cinquantina di opere davvero straordinarieed intense di Luca Giordano, Giuseppe Maria Crespi, Josè de Ribera, Pier Francesco Mola, Francesco del Cairo, Valentin de Boulogne, Guercino, Cigoli, Theodor van Baburen, Aniello Falcone, Benedetto Fioravanti, Giuseppe Recco, Lionello Spada, Jacques Callot, Salvator Rosa, Antonio de Bellis, Giambattista Piazzetta, Bartolomeo Guidobono, Domenico Fiasella e di altri interpreti di un secolo che esalta quanto mai i sentimenti accesi, le passioni estreme, il tormento e l’estasi.

Le tele e i disegni che Pizzi ha scelto per la sua collezione sono il frutto di un gusto squisito e raffinato, attento alle ricerche degli storici dell’arte e interessato al soggetto dell’opera, con una preferenza per i quadri rari e difficili.

Molte delle tele rivelano un denominatore comune nell’esaltazione del corpo umano, rappresentato ora in maneira poetica, ora disperata, ora sensualmente ambigua, sia che si tratti del volto di un santo o di un nudo.

Appartengono a questo affascinante filone i dieci quadri di Trophine Bigot, Aniello falcone, Luca Giordano, Giuseppe Maria Crespi, Belisario Corenzio, il Guercino, Jacques Callot, Antonio de Bellis, raffiguranti il Martirio di San Sebastiano, il San Giovanni alla fonte che Valentin de Boulogne mutua audacemente dal Narciso del Bonechi, aggiungendo al potente nudo maschile semplicemente una aureola e l’Angelo sterminatore di Abraham Bloemaert, che soffiando la collera divina riduce gli esseri umani a esangui larve.

Come pure il Martirio di Sant’Agnese del Cairo, o la Venere che punisce amore di Martinelli o il Noli me tangere del Balassi.

Pizzi si mostra particolarmente interessato ai dipinti di scuola caravaggesca e agli sviluppi internazionali che essa ebbe, con opere di qualità come Amore trionfante di Orazio Fidani, le tele del Bigot, del de Boulogne, del Baburen e la superba Giuditta di Francesco del Cairo.

Ritrovando lo spirito dei collezionisti del Seicento, egli integra l’intensità emotiva della sua quadreria con “pause di riposo”: mature morte, paesaggi, vedute. Tra gli esempi più belli, il Trionfo di David di Codazzi e spadaro e la Veduta di un porto di Filippo Gagliardi.

Le opere presenti, oltre a documentare tre generazioni di artisti, mostrano, come ha affermato Arnauld Brejon de Lavergnée, direttore del Palais des beaux arts di Lille, “soprattutto l’esaltazione dei sentimenti imani, l’amore-passione, il misticismo, la violenza e la sensualità che l’uomo chiede al corpo di esprimere…..Siano manieristi o caravaggeschi, siano fiorentini o napoletani, appartengano alla pittura di storia o a un genere minore, i quadri sono tutti della stessa famiglia: la pittura dell’epoca classica e barocca. Pier Luigi Pizzi ha ritrovato, nel vero senso del termine, lo spirito di un’epoca, come l’ha ritrovato mettendo in scena Haendel o la Passione secondo San Giovanni di Bach o Les Indes galantes e Hippolite et Aricie di Rameau”.

Daniele Benati, Michelle Borjon, Arnauld Brejon de Lavergnée, Maurizio fagiolo dell’Arco, Eleonora Frattarolo, Mina Gregori, Mary Newcome- Schleier, Gianni Papi, Roger Rearick e Nicola Spinosa hanno redatto le schede del catalogo edito da Franco Maria Ricci. d’Italia

L’introduzione è di Antonio Paolucci. L’esposizione è curata dai coordinatori delle attività culturali della Fondazione Giovanni Godi e Corrado Mingardi.

Con questa mostra il celebre regista e scenografo stringe un nuovo cordiale legame con Parma, la città originaria della sua famiglia, mentre la Fondazione Cassa di Risparmio di Parma si apre ancora una volta alla collaborazione con il collezionismo privato più intelligente, che ha il merito di salvaguardare e valorizzare un patrimonio d’arte che non ha limiti di frontiere e di epoche.

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