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Sculture del Bambino Gesù dalla Collezione Hiky Mayr

La celebre collezione di “Divini Infanti” di Hiky Mayr giunge a Parma, nelle sale di Palazzo Bocchi Bocchi, per iniziativa della Fondazione Cariparma che ha sede nello storico Palazzo.
Rispetto alle precedenti tappe, la mostra pone maggior accento su una sequenza particolare della Collezione Mayr, ovvero sulle Marie Bambine, sorta di versione femminile di Divino Infante.
Sicuramente minoritarie per numero, le effigi della Madre di Dio, bambina, sono “oggetti” di preziosità spesso maggiore, per sontuosità degli abiti, per qualità di realizzazione. Commissionate da conventi e monasteri femminili, da famiglie nobiliari che intendevano fornire alle loro figlie una modello di vita, le Marie Bambine sono state realizzate – come del resto i Divini Infanti – da abilissimi artigiani se non direttamente all’interno delle mura claustrali. I secoli di maggior “fortuna” di queste raffinate produzione devozionale furono il Seicento e Settecento, quando il “genere” trovò ampio interesse non solo nell’Europa continentale ma anche in territori lontani, dalle Filippine al Brasile.

Così come i Divini Infanti, le Marie Bambine erano realizzate in legno intagliato e dipinto, in cera, terracotta o cartapesta, materiali spesso accostati con grande disinvoltura. Per i vestiti si ricorreva spesso ad un “riciclo” di paramenti sacri o vesti dimesse o offerte dalle devote. Nel caso specifico delle Marie Bambine, la tipologia principale, che si riferiva ad un preciso prototipo conservato nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, prevede l’utilizzo della cera. Negli esemplari in mostra, provenienti dall’Italia del Sud, si è fatto ricorso anche a materiali diversi: terracotta, cartapesta, legno.
La collezione Hiky Mayr – considerata la più importante al mondo – è stata “scoperta” alcuni anni fa da Franco Maria Ricci che le ha dedicato un prezioso volume e che si è reso promotore prima della mostra milanese al Museo Diocesano ed ora di questa rinnovata edizione parmense.

La realizzazione di sacre effigi del Bambino risalgono alla rappresentazione dei “drammi liturgici” medioevali, diffusi tra il Mille ed i secoli immediatamente successivi. In questi “drammi”, le principali figure sacre, e tra esse il Bambino, erano “interpretate” da effigi lignee. Nei secoli successivi, con l’instaurarsi di uno specifico culto nei confronti del Divino Infante e di Maria Bambina, si diffusero sculture rappresentati i due sacri soggetti. Erano – come la mostra evidenzia – opere di formato anche piuttosto imponente (sino ad 80 – 90 cm di altezza), oggetto di un culto collettivo, affiancate ad altre, di misura più contenuta, destinate ad un culto più domestico.
Storicamente è tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento che si assiste alla riscoperta dei valori positivi legati all’infanzia ed è in quest’epoca che le statue di Gesù Bambino e di Maria Bambina divengono oggetto di pratica devozionale molto intensa. La loro produzione giunse all’apice nel Settecento, con realizzazioni dalla forte impostazione realistica, di straordinaria qualità scultorea, di assoluta accuratezza del dettaglio. Discorso a parte meritano gli abiti: interi corredi, per i diversi momenti dell’anno liturgico, accompagnavano alcune delle più belle effigi.
Poi una rapida decadenza ed una produzione che si avvicina più all’artigianato che all’arte.

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