Sintesi storica dell’Istituto

Istituita con decreto di Carlo Farini, dittatore dell’Emilia, subito dopo il plebiscito di adesione al Regno d’Italia, la Cassa di Risparmi Parmense (così era inizialmente denominata) apre il suo primo sportello in strada dei Genovesi, ora strada Farini, nel 1860.
È una delle ventisette Casse di Risparmio esistenti nel nord all’atto dell’Unità nazionale.

Già verso la fine del secolo l’azione dell’istituto si orienta anche agli investimenti di pubblica utilità e al sostegno dello sviluppo economico assumendo i primi connotati di un’azienda di credito. Portano questo segno gli aiuti concessi, in un contesto ancora preindustriale, ad attività artigianali, manifatturiere, agricole, di prima trasformazione e commerciali. Il ruolo della Cassa risulta fondamentale nell’evoluzione dell’agricoltura che porterà al fiorire di una straordinaria industria alimentare ancora oggi distintiva dell’economia parmense.

In questo quadro l’azione della Cassa si mantiene coerente in ogni epoca: dalla crisi casearia, conserviera e saccarifera degli anni Venti alla crescita industriale del Parmense nel secondo dopoguerra e negli anni successivi, espressa anche dal particolare sostegno dato alla Fiera di Parma. Nel 1991, in coerenza con la legge Amato del 30 giugno 1990, avviene la separazione tra azienda bancaria (Cassa di Risparmio, che assume la veste di società per azioni) ed ente proprietario (Fondazione, con compiti di carattere sociale e culturale).

Subito dopo si apre una fase di forte espansione: nel 1992 la Cassa incorpora la controllata Banca Emiliana; nel 1993 le Casse di Parma e di Piacenza-Vigevano, complementari per territorio e per cultura creditizia, si fondono per dar vita alla Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza, che nel 1995 incorpora a sua volta il Credito Commerciale di Milano.

La crescita dimensionale è sensibile e fa del nuovo gruppo un soggetto di media grandezza nel panorama nazionale: presente in sette regioni e ventuno province, con oltre quattromila dipendenti, 1750 miliardi di patrimonio netto, 55 mila miliardi di risparmio amministrato. Ma il sistema bancario italiano è tutto proteso nella ricerca di ulteriori integrazioni per competere con le grandi banche europee e anche Cariparma (così viene definita, per brevità, nelle cronache giornalistiche) si orienta in questo senso. Nel giugno del 1998, infatti, la Fondazione Cassa di Risparmio di Parma e la holding Banca Intesa di Milano (nata dall’integrazione fra Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde e Banco Ambrosiano Veneto) sottoscrivono una dichiarazione di intenti il cui sbocco è l’integrazione della Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza nel gruppo Banca Intesa. Ne consegue l’ingresso della Fondazione parmense nel patto di sindacato che unisce i principali azionisti del gruppo. Viene scelta quindi una strada di tipo federativo che, pur in un orizzonte strategico più ampio, preserva il marchio, l’autonomia giuridica e le tradizioni della Cassa.

Nel dicembre del 2002, la Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza cede il proprio archivio storico e documentale alla Fondazione.

L’archivio rappresenta un tassello fondamentale per lo studio della città e del suo territorio negli anni che vanno dall’Unità d’Italia (1860), anno di fondazione della Banca, al 1991, anno della trasformazione della stessa in Società per Azioni. Storia in senso complessivo, poiché la Cassa di Risparmio, per sua natura, è sempre stata un punto di intersezione e di propulsione dei diversi piani sui quali si è sviluppata la vita della comunità parmense: piano economico-finanziario, ma anche sociale, politico e culturale.

L’archivio della Cassa di Risparmio rappresenta quindi un patrimonio di grande valore che la Fondazione intende valorizzare e salvaguardare.

Consistenza dell’Archivio

L’Archivio Storico della Fondazione Cariparma rispecchia le vicende sopra delineate della Cassa di Risparmio di Parma e si estende dagli anni Cinquanta dell’Ottocento, quando presso il Governo Ducale già si cominciava a delineare l’istituzione della Cassa di Risparmio, fino ai primi anni Cinquanta del Novecento.

La documentazione è suddivisa secondo una distinzione di massima; che fa riferimento alle serie tipiche degli archivi bancari.

Le serie complete o comunque esaustive contengono carte che coprono l’intero periodo riguardanti:

  • Statuti e regolamenti interni, circolari e ordini di servizio con relativa documentazione in fase di studio ed elaborazione.
  • Atti del consiglio d’amministrazione rilegati in volumi, con relativi allegati in fascicoli contenenti documenti esplicativi delle deliberazioni.
  • Bilanci di esercizio, situazioni dei conti infra annuali, allegati esplicativi relazioni degli organi istituzionali, inventari dei conti correnti e dei depositi di diverse sedi e filiali (questi ultimi con lacune).
  • Finanziamenti a enti pubblici.
  • Finanziamenti alla clientela.
  • Pratiche legali con particolare riferimento alle sofferenze del periodo di crisi degli anni Venti e Trenta del Novecento che coinvolsero anche altre banche della piazza.

Le serie non complete e che non coprono l’intero periodo riguardano:

  • Acquisti di beni e servizi per il funzionamento della banca.
  • Sviluppo territoriale: acquisizione e manutenzione di locali per sedi e filiali.
  • Gestione del personale.
  • Elargizioni di beneficenza.
  • Requisizioni beni ai cittadini di razza ebraica a seguito delle leggi razziali.
  • Controllo e vigilanza sia interni che da parte degli organi bancari e ministeriali preposti.
  • Documenti vari riguardanti Banca Emiliana, Credito Commerciale, Banca Ceriana.