Nel dicembre 2003 sono stati portati a termine ed inaugurati i lavori di restauro della Chiesa di S. Lucia in Parma, una fra le chiese barocche più importanti della città capoluogo.

L’intervento di restauro ha contemplato l’esplorazione completa dell’edificio con la verifica delle condizioni statiche e di protezione dagli agenti atmosferici, il controllo delle buone condizioni strutturali di tutti i paramenti murari e delle strutture lignee nonché la buona tenuta del manto di copertura dopo gli interventi di ripristino eseguiti negli anni ’80.

Sicché la progettazione ha potuto indirizzare tutte le risorse al restauro degli apparati pittorici e decorativi, degli arredi lignei, della quadreria ed al rifacimento degli impianti tecnici avendo predisposto – per avere la migliore corrispondenza tra previsione progettuale e situazione reale, una campagna preliminare di analisi diagnostiche e di puntuali rilievi fotografici necessari per essere poi parametrati in precise categorie di intervento.

Per gli apparati pittorici e decorativi si è trattato, man mano si procedeva al consolidamento e alla pulizia, di una vera e propria scoperta essendo venuta in luce le originarie cromie seicentesche della volta e della cupola ancora vive nella loro luminosità. Infatti, oltre ai distacchi pittorici ed alla sedimentazione di una pellicola di polvere resa più consistente e scura dagli effetti dell’impianto di riscaldamento, gli affreschi erano stati in alcune zone coperti da interventi di ridipintura riconducibili alla fine del XIX secolo.

Per le cappelle laterali e fino alla trabeazione si è provveduto soltanto alla pulizia dei colori tardo ottocenteschi. La pulizia degli apparati lignei, altari laterali, cantoria ed organo hanno rivelato in tutta la loro integrità  delle dorature e la delicata cromia dei pannelli.

La quadreria esistente è stata oggetto di un accurato restauro sia “strutturale”, consistente al rifacimento dei telai, sia pittorico. Quest’ultimo ha richiesto una lunga serie di passaggi dovendo rimediare alla stesura di colla, stesa in un precedente restauro come supportante, allo strato significativo di sostanze soprammesse, essenzialmente polveri grasse e fumi, rafforzamenti in molte parti e ridipinture, in alcuni casi totali, di parti di uno stesso quadro, in particolare i cieli.

Il risultato di queste operazioni ha restituito nella loro cromia originaria tutti i dipinti manifestando una tecnica pittorica e compositiva di alto livello. Nulla è stato fatto alla pala del Ricci in quanto già precedentemente restaurata.

La decisione progettuale di eliminare la pavimentazione esistente in mattonelle di graniglia ha consentito di ripristinare l’originaria pavimentazione in cotto, sia come pezzatura sia come disegno e cromia, avendone ritrovato una traccia nell’abside. Si sono così potuti eseguire due scavi archeologici. Nel primo è venuto alla luce un ossario, realizzato dopo l’acquisto dei Consorziati al centro della navata, con accesso dalla stessa navata e che è stato reso accessibile. Nel secondo, eseguito su tutto il presbiterio, si è messo in luce il perimetro murario dell’abside  poligonale della chiesa medioevale che, dopo i rilievi, è stato ricoperto. Inoltre si è anche potuto collocare a pavimento l’impianto di riscaldamento e le canalizzazioni di quello elettrico. Quest’ultimo impianto ha avuto una particolare attenzione agli aspetti legati al cablaggio ed alla qualità dell’illuminazione necessaria per valorizzare gli elementi fondanti l’organizzazione spaziale della chiesa ossia: volta, cupola, pennacchi, quadri e arredi lignei, pur nel rispetto delle esigenze liturgiche e di uso della chiesa.

Si è provveduto anche alla messa in sicurezza della chiesa risanando tutti gli infissi ed inserendo la movimentazione elettrica degli stessi per la necessaria ventilazione e dotandoli di vetri stratificati. L’intero edificio è servito da un sistema antintrusione.

Note storiche

La chiesa di Santa Lucia in Parma è situata all’incrocio Nord di Borgo Santa Brigida con Via Cavour ossia all’incrocio tra un tratto accertato del cardo – Via Cavour – ed un tratto congetturale di decumano – Borgo Santa Brigida.

Territorio compreso entro la cinta muraria del IX secolo e quindi la chiesa – di fondazione forse longobarda – era gia esistente con il titolo alto medioevale di San Michele del Canale. Detta “del Canale” per la presenza in fronte del Canale Comune, “ricordata nel 1223 e attribuita il 22/02/1294 al Capitolo del Battistero che vi teneva un cappellano per la cura delle anime”.

Di questa chiesa, durante le prospezioni archeologiche, è stata rintracciata l’originaria muratura absidale poligonale esattamente sotto l’attuale presbiterio. Struttura ecclesiale che si è mantenuta lungo tutto il periodo medioevale dai Carolingi ai Visconti situata sul lato Nord dello “Sta in Pace” fatto costruire nel 1347 da Luchino Visconti ad opera del suo architetto Franceschino Stupa.

La chiesa non venne interessata da interventi urbanistici o da rifacimenti in periodo rinascimentale e la prima notizia certa, dopo il periodo medioevale, la si ha dalla visita del vescovo Castelli del 1578 che la citava come parrocchia avente 368 anime con gia cinque altari ed il maggiore dedicato ai santi Michele e Cristoforo.

Sarà poi sede nel 1615 della Congregazione di San Carlo. Nel 1674 la parrocchia veniva soppressa e la chiesa passava ai Consorziati i quali provvidero ad effettuare un’ampia ristrutturazione nella attuale forma architettonica, facciata compresa, su progetto di Mauro Oddi (1639-1702).

L’interno venne affrescato da Alessandro Baratta (1639-1714) come riporta il Borra nel suo “Diario” in data 13 dicembre 1694: «Si è oggi solennemente celebrata la festa di S. Lucia con musica. Nell’Oratorio dedicato alla Ill.ma Santa dallo sig.ri Consorziati della Cattedrale Padroni de m.o Oratorio oggi la prima volta si è veduto la nave dello stesso tutta dipinta, terminata poche settimane sono, dal sig. Alessandro Baratta Pittore Parmigiano».

La navata è stata divisa dal Baratta in tre settori, seguendo quanto aveva gia fatto nel 1676 nella cappella di San Giuseppe della chiesa di Santa Croce. Ha ripreso invece, come schema compositivo, quanto era stato predisposto per i precedenti affreschi di Santa Cristina. Affreschi, questi ultimi, che il Baratta non condusse nella loro interezza poiché le figure vennero dipinte da Filippo Galletti (1636-1714). Questa successione di artisti avvenuta in Santa Cristina probabilmente ha fatto credere che lo stesso Galletti fosse intervenuto anche in Santa Lucia ma non si ha nessuna notizia storica che in quel periodo il Galletti avesse soggiornato a Parma. La cupola riporta le immagini di Maria Vergine che calpesta la falce lunare ed è affiancata da San Giuseppe e San Biagio seguiti dai santi Antonio da Padova, Carlo Borromeo, Filippo Neri, Maria Maddalena, Francesco e Lucia, mentre nei pennacchi vediamo i santi Pietro, Paolo, Giovanni Battista e Giovanni Evangelista.

Nel secolo successivo vennero eseguiti altri interventi pittorici affidati ad Antonio Brianti a cui fu chiesto nel 1781 di disegnare le decorazioni degli archi e dei volti della cappella e di: «tutte le pilastrate e mezze scanellate secondo l’ordine corinzio e formato l’ornato sino alle finestre vere come le finte». Lo stesso Brianti aveva, dieci anni prima, ossia nel 1771, disegnato la cantoria e la cassa dell’organo.

L’ultimo intervento pittorico risale alla fine dell’ottocento per opera di Serapione Colombini. Se Colombini è l’autore di interventi di ricostruzione e di ridipintura sull’opera del Baratta, come nella figura della Madonna, è con l’intervento del decoratore G. Baisi che nel 1885 ridipinse, sovrapponendosi all’impianto decorativo settecentesco, l’intera superficie della chiesa a partire dal tamburo e dalla cornice della navata fino al pavimento; lasciando che un altro decoratore, G.Rusca, realizzasse a scagliola finto marmo le basi dei pilastri.

Di non minore importanza, seppur fra loro con opportune graduazioni, sono i quadri che ornano le quattro cappelle e le pareti dell’abside che trovano la loro più alta espressione artistica nel quadro di Sebastiano Ricci, del 1730, posto nell’ancona sopra l’altare maggiore e raffigurante la Santa titolare.

Gli altri quadri sono opere di, o attribuiti a, Luigi Amidano (1591-1630), Antonio Ligori (XVII secolo), Francesco Monti detto il Brescianino (1646-1712) e scuola parmense del XVI° secolo.

Di grande pregio artistico anche l’apparato ligneo, databile XVIII secolo, degli altari delle cappelle laterali – nulla si pensa poter dire sull’altare maggiore che appare opera eclettica dei primi decenni del novecento e che ingloba la gradinata e l’urna funeraria residui forse di un originario altare seicentesco – che però sono stati sacrificati dal rifacimento, anch’esso novecentesco, di quelli originari, probabilmente in legno, ai quali essi facevano da contorno altamente decorativo.

Il complesso di Santa Lucia, pur nell’intrecciarsi degli interventi che nel tempo si sono succeduti, rappresenta per l’omogeneità compositiva della progettazione e decorazione, in particolare della volta e della cupola, una delle più belle manifestazioni artistiche parmensi del XVII secolo come frutto, pur nato dalla demolizione e ampliamento absidale dell’originaria chiesa duecentesca, dall’intelligenza e dallo spirito innovativo del Consorzio dei Vivi e dei Morti dal momento che divenne proprietario della chiesa.